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LE CURVE DI PIETRA DI FABRIZIO CAROLA

Nato a Napoli nel 1931, studia architettura a Bruxelles e Napoli dove inizia la sua ricerca. In seguito si trasferisce in Africa, dove avvengono dei cambiamenti sostanziali nel suo modo di indagare l’architettura.

La sua visione dell’architettura subisce, quindi, un cambiamento nel momento in cui si trasferisce in Marocco (1961) prima e in Mali (1971) poi, dove si approccia all’architettura in maniera “concreta” indagando nella fisicità materica del luogo e sviluppando architetture intimamente connesse al luogo in cui sorgono.

Proprio in Mali sviluppa un sistema di architettura vernacolare, nubiana, tipica dell’Africa sub-sahariana, mediante l’utilizzo del compasso ligneo. Inizia a costruire edifici a forma di cupola con un unico ingresso, utilizzando materiali estremamente poveri. Rifiuta l’utilizzo di materiali diffusi nei paesi industrializzati come cemento, calcestruzzo, legno, etc., predilige l’uso di materiali di facile reperibilità in paesi aridi: terra essiccata e successivamente cotta in forni costruiti appositamente con gli abitanti dei villaggi; i forni vengono avviati mediante l’utilizzo della pula, lolla di riso, materiale di scarto immangiabile. Insomma, utilizzo e riciclo totale di quasi tutto ciò di cui si dispone.

Inizia a costruire strutture a forma di cupola incastrate armonicamente. Addirittura sviluppa una cupola doppia con intercapedine d’aria, in modo da isolare termicamente l’interno dall’esterno in modo da facilitare le attività umane. Sviluppa varianti geometriche come archi a sesto acuto generati da rotazioni degli assi di costruzione geometrici, in modo da rendere più fruibili gli spazi interni sia per l’altezza che per una maggiore ventilazione. Riesce, quindi, a sintetizzare in un’unica curva, muro e tetto, facendo sì che ci sia un altro risparmio aggiunto.

La terra come materia prima diventa architettura tramite le mani. Giusto, in questo caso, parafrasare Louis Isadore Khan: “Se volete conferire presenza a un’opera dovete consultare la natura. Pensate a un mattone e chiedetegli: "Mattone, cosa vuoi diventare?”. Il mattone risponderà: ”Un arco”. Se voi gli risponderete: ”Gli archi sono costosi, cosa ne diresti di diventare un architrave?”, il mattone risponderebbe: ”Voglio formare un arco”. E’ importante onorare il materiale che si usa, non vi perdete pensando che ci sono tanti materiali da poter usare… non è vero: dovete onorare il mattone, glorificare il mattone… non cercate di sostituirlo”.

Citando, invece, “l’uomo di pietra” (Carola stesso come lo chiamano i Dogon del Mali): “la cupola appartiene al mondo delle curve: pur senza disdegnarle, non ho amore per le superfici piane, squadrate, piegate ad angolo retto con spigoli vivi. Trovo che le superfici curve e raccordate siano più vicine alla forma della natura e perciò più adatte a racchiudere o accompagnare la vita dell’Uomo. In secondo luogo posso supporre che la mia appartenenza alla civiltà mediterranea, che di archi, cupole e volte ha fatto grande uso, abbia la sua parte nella predilezione che ho per queste forme.”


riferimenti / references

Fabrizio Carola - Vivendo, pensando, facendo... memorie di un architetto

Luigi Alini - Cupole per abitare. Un omaggio a Fabrizio Carola