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IL PADIGLIONE PHILIPS DI IANNIS XENAKIS

Iannis Xenakis nasce in Romania, più precisamente a Braila, nel 1922. Agli inizi degli anni ‘30, a seguito dell’invasione nazista, si trasferisce in Grecia con la famiglia dove, dopo qualche anno, inizia gli studi di architettura e ingegneria ad Atene. Durante la guerra civile greca perde un occhio a causa di un’esplosione.

Nel 1948 finalmente cambia qualcosa: si trasferisce a Parigi. Qui incontra Le Corbusier (architetto svizzero naturalizzato francese) con il quale inizia una costante collaborazione a importanti progetti e inizia studi di composizione musicale con Olivier Messiaen (compositore musicale francese).

Ed è dall’unione di entrambi gli ambienti che Xenakis inizia la “fusione” tra architettura e musica.

Nella prima metà degli anni cinquanta compone Metastaseis, opera orchestrale per ben 61 elementi ispirata dalla combinazione della visione einsteiniana di tempo e memoria strutturato su idee matematiche di Le Corbusier, conciliando la percezione lineare della musica con una visione relativistica del tempo.

Il 1956 è l’anno della teoria riguardante la musica stocastica. Xenakis compone partiture che traggono elementi di ispirazione e di realizzazione tecnica da strumenti come il calcolo della probabilità, la teoria degli insiemi e dei gruppi. La probabilità viene calcolata per intero cercando di renderne esplicite le regole. L’anno successivo si avvicina nella musica elettronica grazie ad un computer della IBM con il quale riesce a comporre brani basati su strutture per l’appunto stocastiche.

Il 1958 è l’anno dell’Expo di Bruxelles. La società elettronica Philips commissiona a Le Corbusier la progettazione del proprio padiglione dove poter esporre prodotti elettronici, in particolare quelli per il suono e la luce. L’architetto, impegnato con la pianificazione di Chandigarth, affida lo studio analitico a Xenakis (Le Corbusier gli consegnò gli schizzi e gli affidò il compito di “disegnare quelle idee e cercare di tradurle matematicamente”) il quale poi si prende carico di gran parte della gestione del progetto, sempre però partendo dalle formulazioni architettoniche di Le Corbusier il quale, a fine progetto, chiede all’architetto-compositore di creare un modellino del padiglione per facilitarne la comprensione alla committenza.

Xenakis: “A partire dal quel momento la logica cessa di funzionare. L’intuizione prende la parola. Nella sequenza ininterrotta degli schizzi è descritto l’iter che mi ha fatto approdare al primo progetto e al primo modello. Questo è costituito da un conoide, indicato con la lettera E; da una superficie composta principalmente da due conoidi A e D; dai paraboloidi iperbolici K e G; da un cono di raccordo L e due triangoli vuoti che disegnano gli accessi. In quello schema la terza cuspide, di 11 metri, equilibra plasticamente l’orientamento brusco delle prime due, di 17 e 13 metri. Produce inoltre la torsione generale del volume in direzione della prima cuspide” […] il padiglione “si articola su un sistema di superfici a sella: tre colli le cui pendici si risolvono armoniosamente le une nelle altre. Le tre sommità sono alte rispettivamente 20, 18.50 e 13 metri; la larghezza massima del complesso è di 25 metri. Su una superficie di 500 metri quadrati si raggiunge una cubatura di circa 4.000 metri cubi. Il metodo di costruzione seguito rende possibile la copertura dello spazio senza appoggi supplementari interni”. Una struttura decisamente ardita!

Terzo e ultimo collaboratore al progetto fu Edgar Varèse (compositore musicale francese naturalizzato statunitense) il quale curò la parte musicale. L’unico, secondo Le Corbusier, ad essere in grado di immaginare una sequenza di suoni idonea per quell’occasione.

Il padiglione fu un’utopia concretizzata, un’idea innovativa forse anche troppo in anticipo con i tempi, tanto che, un esempio del genere, non fu più replicato. Durante tutta la durata dell’esposizione il padiglione raccolse circa due milioni di spettatori ma, nonostante ciò, venne demolito pochi mesi dopo la sua inaugurazione come del resto avvenne per tutti gli altri padiglioni.

Le Corbusier definiva il Padiglione Philips un poème électronique: "Tutto succederà all’interno: suono, luce, colore, ritmo; un ponteggio metallico potrebbe essere il solo aspetto esteriore del padiglione".

Xenakis: “Il Padiglione Philips rappresenta una prima esperienza della sintesi artistica del suono, della luce, dell’architettura, una prima tappa verso un gesto elettronico”.


riferimenti / references

Marc Treib - Space Calculated in Seconds

AD Classics - Expo ’58 + Philips Pavilion / Le Corbusier and Iannis Xenakis

www.iannis-xenakis.org