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IL BRUTALISMO MINIMALE DI JULIAAN LAMPENS

Juliaan Lampens nasce nel 1926 a De Pinte, nella provincia fiamminga delle Fiandre Orientali, nel nord del Belgio. Studia architettura all’Istituto Sint-Lucas di Ghent, dove si laurea nel 1950. Dal 1950 stesso inizia la sua attività di architetto ma, in realtà, è dopo una decina di anni che inizia concretamente a produrre architettura diventando uno dei pionieri dell’architettura moderna belga.

È, infatti, in questo periodo che realizza i suoi progetti più famosi: casa Lampens del 1970, la Cappella del 1966 e la Biblioteca pubblica del 1970. Questi sono i tre progetti principali della sua carriera, nei quali sintetizza tutto il suo pensiero. Le sue architetture, molto vicine al linguaggio brutalista e a pianta libera, ricordano in maniera abbastanza esplicita il tardo Le Corbusier, i solidi prospetti di Marcel Breuer e il controllo deciso del tratto di Mies van der Rohe.

Il suo pensiero si affina e si lega indissolubilmente agli stilemi moderni dopo la visita all’Expo del 1958 di Bruxelles, dove rimane affascinato dai progetti in mostra, legati in maniera radicale all’architettura moderna. Prima del 1958 progetta case tradizionali, classiche, con piccoli dettagli moderni. La manifestazione nel 1958 gli cambia drasticamente il modo di progettare, tanto che la prima dimostrazione la si ha proprio nella progettazione di casa sua.

L'architetto belga lavora quasi unicamente con cemento, legno e vetro, che miscela in equilibri sempre nuovi con cambi di superficie e geometria. È proprio con il cemento grezzo che inizia a sperimentare creando forme plastiche che si aprono all'esterno su ampi panorami. Le sue architetture suggeriscono un’utopica avanguardia del vivere senza barriere che va oltre i disegni per la vita, introducendo un nuovo modo di vivere: una casa aperta in cui il paesaggio diventa parte della casa.

Concretizza, quindi, l'intenzione di creare un'armonia tra interno ed esterno ma, soprattutto, con la natura, con la quale instaura un dialogo formale in equilibrio tra chiusure e trasparenze; gli esterni delle sue opere sono creati come sculture su panorami aperti. Il cemento che si collega al terreno inizia, col tempo, a diventare un tutt'uno con la natura, si insinua e si ricopre di muschi e licheni dando vita ad un equilibrio solido e fragile allo stesso tempo.

I suoi progetti sono talmente minimali che, nella distribuzione degli spazi interni, scompaiono totalmente le divisioni unificando sia fisicamente che formalmente gli ambienti; come nella casa progettata per una famiglia con quattro bambini, nella quale vuole riduce al minimo le chiusure verticali, a testimonianza di una vita più semplice e a dispetto delle regole dettate dalla borghesia.

Lampens sosteneva che la questione si basasse sul riuscire ad “ottenere il massimo dal minimo”, principio questo che fa il verso al più ampiamente abusato e conosciuto pensiero di Mies van der Rohe, già prima menzionato come uno dei suoi principali punti di riferimento formale.


riferimenti / references

Angelique Campens - Juliaan Lampens