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I FRAMMENTI MECCANICI DI LEBBEUS WOODS

Architetto, artista statunitense. Nasce a Lansing, nel nord degli Stati Uniti, nel 1940. Si forma con studi di architettura e ingegneria. Questo lo porta a dedicarsi, successivamente, a progetti teorici e sperimentali.

Lebbeus Woods è un poeta che progetta scenari su un futuro possibile. I suoi disegni raffigurano strutture sostenute da reticoli di travi a sostegno di forme eteromorfe. Egli rappresenta la tensione, la necessità di sopravvivere in uno spazio di violenza sospesa; forze all'interno del quale le forme architettoniche prendono forma.

Come egli stesso scrive: “La giustizia sociale non è un problema di masse, ma di individui. Se la massa è soddisfatta della propria salute, ma un individuo soffre, può esserci giustizia in termini umani? Per rispondere “sì” bisogna giustificare l'oppressione, perché ci sono sempre persone disposte a perdersi nella massa a scapito di qualche persona che non è disposta a farlo. Per costruire una società giusta, è proprio quest’unica persona, solitaria, che deve prima ricevere giustizia. Chiamiamo questa persona l'abitante. Chiamiamo questa persona te stesso.”

Molte delle “cose” che Lebbeus Woods ha progettato spingono l’osservatore, l’abitante, a testare, ai limiti del possibile e spesso in una situazione di disagio, la risoluzione per una nuova forma di esistenza. I suoi edifici spesso assomigliano a macchine, e, tuttavia, potrebbero esserlo.

Le sue idee si manifestano sotto forma di distorsione: in pratica, il caos non è altro che un'attenta riflessione sul nostro modo di vivere. Un po’ il contrario di ciò che la stragrande maggioranza degli architetti promette al committente: mettere ordine nella confusione; ed è proprio questa la contrapposizione che si presenta in un sistema in crisi: il confronto tra "ordine esistente" e "ordine nuovo". A tal proposito ricordiamo quanto sia stato influente nella concretizzazione di scenari di film come: “L’esercito delle dodici scimmie” di Terry Gilliam del 1995 e “Alien 3” di David Fincher del 1992, entrambi film di fantascienza che si insinuano in un futuro tetro, vacillante.

C’è, forse, traccia di utopia nei suoi progetti? La cosa più strana è che, con ogni probabilità, la risposta è forse “no”.

In molti dei suoi disegni, i più recenti, i più astratti, si può scorgere il tentativo di creare edifici senza pareti, in piena opposizione a spazi privatizzati. In pratica presenta progetti in totale contrapposizione con le regole accademiche, col politicamente corretto di progetti garbati, puliti, innocui… non ci fa vedere il mondo come siamo già abituati a vederlo.

I suoi disegni, su carta prima e realizzati poi, non fanno altro che darci la certezza di avere una risposta se non fosse per il solo motivo che riescono a stare in piedi; possiamo addirittura pensare che sia di quanto più pragmatico nonostante i suoi disegni testimonino tutt’altro… provare a ripetere, ad imitare anche solo i suoi disegni è qualcosa di estremamente complicato.


riferimenti / references

Lebbeus Woods - Anarchitecture: Architecture Is a Political Act

Lebbeus Woods - Earthquake! A Post-Biblical View

www.lebbeuswoods.net